Non possiamo non intervenire sulla pronuncia del Consiglio di Stato n. 07089 del 2024, entrando nel dibattito che ha sollevato, per ribadire fermamente che non condividiamo né le motivazioni né le conclusioni del CdS, e che riteniamo molto pericolosa la deriva che può ingenerare, mettendo a rischio la certezza del diritto allo studio e all’inclusione scolastica.

Abbiamo chiesto un commento in merito sia alla nostra pedagogista dott.ssa Federica Marci, che alla nostra avvocata Marina Verzoni, e siamo quindi in grado di proporvi un’analisi completa della situazione.

Ecco le loro riflessioni, dai vari punti di vista.

NON C’È COMPROMESSO SUI DIRITTI: UNA SENTENZA INGIUSTA

Approfondimento a cura di Federica Marci, Servizio Pedagogico Ass. InCerchio

In data 18 agosto 2024, il Consiglio di Stato ha pronunciato una sentenza decisamente in controtendenza rispetto al passato e a quanto dato ormai per consolidato dalla giurisprudenza.  Tale sentenza ha respinto il ricorso dei genitori di uno studente con disabilità il cui Comune di riferimento aveva ridotto, per ragioni di bilancio, le ore di assistenza scolastica previste dal Progetto Educativo Individualizzato.

Oltre ad un totale misconoscimento delle competenze del Gruppo di Lavoro Operativo, che di tali ore aveva fatto richiesta, questa sentenza mina pericolosamente il percorso verso la realizzazione di una maggiore inclusione nelle scuole italiane. Percorso sostenuto, tra l’altro, oltre che da norme fondamentali, da storiche sentenze da cui non possiamo più prescindere. Ricordiamole.

La sentenza della Corte Costituzionale n.80 del 2010 aveva definito “ineliminabili” le “misure di integrazione e  sostegno” a favore degli studenti con disabilità e lo stesso Consiglio di Stato, con sentenza n. 2023 del 2017, aveva chiaramente affermato che “le istituzioni scolastiche ed il Ministero dellEconomia e delle Finanze non possono impedire per esigenze di contenimento della spesa pubblica leffettiva fruizione delle ore di sostegno e di tutte le altre misure di assistenza previste dalla legge per i medesimi alunni disabili”.

Ancora la Cassazione, con la sentenza n. 25101 del 2019, aveva sottolineato che il piano educativo individualizzato, definito ai sensi della L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 12, obbliga lamministrazione scolastica a garantire il supporto per il numero di ore programmato, senza lasciare ad essa il potere discrezionale di ridurne lentità in ragione delle risorse disponibili” (Cass. Civ., Sez. Un., ord. 16 aprile – 8 ottobre 2019, n. 25101).

Quindi ci chiediamo cosa sia cambiato e cosa renda oggi il diritto degli alunni con disabilità comprimibile. Quando le esigenze di contenimento della spesa pubblica possono andare ad inficiare un diritto costituzionalmente garantito?

Da un punto di vista pedagogico, si ritiene essenziale fare alcune riflessioni.

Innanzitutto, la sentenza non tiene in considerazione che le ore di sostegno scolastico sono spesso insufficienti e le ore di assistenza educativa rappresentano un’importante risorsa per la realizzazione dell’inclusione scolastica.

In secondo luogo, viene, come da storia già tristemente conosciuta, sottovalutata la specifica professionalità delle figure educative che lavorano all’interno delle istituzioni scolastiche e che attivano progettualità specificamente educative che si integrano e vanno oltre la didattica, configurandosi come interventi chiave in ambito scolastico. Conseguentemente vengono misconosciuti i bisogni educativi degli studenti e quanto sia rilevante uno specifico lavoro sulle autonomie e gli aspetti relazionali e comunicativi al fine di garantire loro una crescita armonica, nonché una reale inclusione.

Non da ultimo, come già accennato, questa sentenza toglie legittimità al Gruppo di Lavoro Operativo, unico organo competente per la definizione delle misure di sostegno. Il parere del gruppo di tecnici che conoscono realmente lo studente e il contesto scolastico viene così svuotato di senso.

La stessa Ministra della disabilità Locatelli si è detta preoccupata a seguito della sentenza, definendola “non giusta” in quanto è una “priorità tutelare i diritti di ogni persona”. “Mi auguro quindi che, a breve, lo stesso Consiglio di Stato – afferma Locatelli – possa riunirsi in adunanza plenaria per dare una risposta univoca e giusta, anche alle tante situazioni pendenti, che valga per tutti gli studenti con disabilità, e che garantisca ad ognuno gli stessi diritti di partecipazione e di accompagnamento alla crescita dal punto di vista scolastico, sociale, civile e culturale nel nostro Paese”.
La priorità – evidenzia sempre la ministra – deve essere quella di garantire linclusione, tutelare i diritti e valorizzare le competenze e i talenti di ogni persona, a partire dalla scuola e con tutti i dovuti sostegni. La riforma sulla disabilità che stiamo attuando va in questa direzione e sono profondamente convinta che tutti, ognuno nel suo ruolo, dobbiamo contribuire a migliorare la qualità della vita delle persone e delle famiglie”.

In un panorama scolastico già scosso dall’approvazione della Legge 106 del 29 luglio 2024 che reca, tra l’altro, dubbie Disposizioni urgenti in materia di sostegno didattico agli alunni con disabilità, questa sentenza aggrava ulteriormente la situazione già critica in cui versa la scuola italiana e mette ulteriormente a rischio l’inclusione.

 Flavia Carlini in Noi vogliamo tutto spiega, con un’efficace metafora, la retorica delle pari opportunità e la disparità.

Immagina un campo da calcio. Il pallone è al centro del campo: “nulla di più giusto e ugualitario di una palla posizionata esattamente al centro per vedere chi prima riesce a raggiungerla […] i media ne parlano e la videocamera lo inquadra, dagli spalti c’è chi grida che ce la possiamo fare, chi la dura la vince, che valore e merito di quel giocatore si misureranno sulla base del tiro che farà; e mentre tutti sono attenti alla posizione del pallone (perfettamente collocato nel cerchio centrale) nessuno guarda i giocatori, e nessuno si accorge, quindi, che mentre c’è chi parte da cinquanta metri di distanza c’è chi, invece, parte da un chilometro”.

L’assoggettamento dei diritti alle logiche economiche e politiche, segna la fine della democrazia e di uno stato diritto. Confidiamo nelle parole della Ministra Locatelli e ribadiamo che, sui diritti, non accettiamo compromessi.

Dott.ssa Federica Marci, serviziopedagogico@associazioneincerchio.com


Una sentenza antistorica

Commento a cura dell’avvocato Marina Verzoni, del Servizio Legale dell’associazione InCerchio

Con una decisione di cui non si condividono le motivazioni, il Consiglio di Stato giunge a ritenere legittima la riduzione delle ore di ore di assistenza per l’autonomia e la comunicazione ad un alunno con disabilità, rispetto a quelle assegnate per il precedente anno scolastico.

La controversia oggetto del giudizio ruota attorno al nucleo tematico concernente l’incomprimibilità del diritto all’inclusione scolastica delle persone con disabilità anche rispetto alle ore di assistenza.          Secondo il Consiglio di Stato, però, il diritto all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione non sarebbe un diritto costituzionale, ma un interesse legittimo condizionato alle disponibilità di bilancio degli Enti Locali e le richieste formulate nel Piano Educativo Individualizzato dal GLO (Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione) potrebbero anche essere disattese dal preside e dall’Ufficio Scolastico Regionale.

Vediamo qui di seguito come il Consiglio di Stato è giunto a tali affermazioni.

Su ricorso dei genitori di un alunno minorenne con disabilità è stata impugnata la riduzione da parte del Comune delle ore settimanali di assistenza scolastica. L’alunno, infatti, come da diagnosi funzionale aveva beneficiato nel Piano Educativo Individualizzato (P.E.I.) di 12 ore settimanali di sostegno e 13 ore di assistenza scolastica, successivamente ridotte a sette ore settimanali, senza alcun coinvolgimento della famiglia. I genitori ritengono illegittimo che venga data prevalenza alle esigenze finanziarie rispetto al diritto fondamentale all’inclusione scolastica e lamentano che la riduzione delle ore sarebbe stata effettuata al di fuori del P.E.I., sollevando in giudizio la questione di costituzionalità dell’art. 3, co. 5 d.lgs. 66/2017 in relazione agli artt. 2, 3, 10, 11, 30, 31, 34, 38 e 117 Cost. nella parte in cui viene attribuita ai Comuni la facoltà di disattendere i bisogni di tutela degli studenti con disabilità previste nel PEI in ragione di mere esigenze di budget.

Il TAR in primo grado aveva respinto il ricorso e la decisione veniva quindi impugnata innanzi al Consiglio di Stato.    I genitori hanno assunto la violazione della Costituzione e della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, censurando la decisione dove volta a negare la preminenza del diritto alla assegnazione delle ore di sostegno rispetto alle esigenze di contenimento della spesa pubblica, richiamando il costante indirizzo della giurisprudenza amministrativa secondo cui il provvedimento finale del dirigente scolastico non si può basare su “un vincolo derivante dalla carenza di risorse economiche che non possono, in modo assoluto, condizionare il diritto al sostegno in deroga, sino a esigere e sacrificare il diritto fondamentale allo studio e all’istruzione” e laddove nega che il diritto alle ore di assistenza all’autonomia e alla comunicazione prevalga sulle esigenze di spesa pubblica in quanto la quantificazione contenuta nel P.E.I. sarebbe vincolante per gli enti locali, che devono garantire le ore di assistenza scolastica nella misura stabilita a monte dal GLO, così come l’Amministrazione scolastica è tenuta ad assicurare le ore di sostegno previste dal P.E.I., se del caso anche “in deroga”.

Il Consiglio di Stato ha tuttavia respinto l’impugnazione, sulla base delle seguenti motivazioni.

Secondo il Consiglio, le norme nazionali prevedono una specifica disciplina per assicurare l’effettività del diritto all’istruzione e all’educazione degli alunni con disabilità, distinguendo tra funzioni scolastiche proprie, demandate alle attività di sostegno di esclusiva pertinenza delle istituzioni scolastiche mediante l’assegnazione di docenti specializzati, e attività di assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale, incombenti invece sugli enti locali (v. art. 13, co. 3 legge n. 104/1992), nel quadro di una programmazione coordinata dei diversi servizi sulla base di accordi di programma tra enti locali, organi scolastici e unità sanitarie locali (v. art. 13, co. 1 l. n. 104/1992).

Gli strumenti e gli istituti per la realizzazione dell’inclusione scolastica in favore degli alunni con disabilità sono il piano educativo individualizzato (P.E.I.), facente parte del progetto individuale per le persone con disabilità di cui all’art. 14 legge n. 328 del 2000, elaborato e approvato dal Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione (GLO) a sua volta composto dal team dei docenti contitolari o dal consiglio di classe, con la partecipazione dei genitori dell’alunno con disabilità, o di chi esercita la responsabilità genitoriale, delle figure professionali specifiche, interne ed esterne all’istituzione scolastica che interagiscono con la classe e con l’alunno con disabilità nonché con il necessario supporto dell’unità di valutazione multidisciplinare (v. art. 9, co. 10, d.lgs. 66/2017); tra i molteplici contenuti normativamente previsti il PEI “esplicita le modalità di sostegno didattico, compresa la proposta del numero di ore di sostegno alla classe, le modalità di verifica, i criteri di valutazione, gli interventi di inclusione svolti dal personale docente nell’ambito della classe e in progetti specifici, la valutazione in relazione alla programmazione individualizzata, nonché gli interventi di assistenza igienica e di base, svolti dal personale ausiliario nell’ambito del plesso scolastico e la proposta delle risorse professionali da destinare all’assistenza, all’autonomia e alla comunicazione” (v. art. 7, co. 2, lett. d) d.lgs. 66/2017).

Una volta predisposto il PEI, si attiva la fase di individuazione e assegnazione delle misure di sostegno che, conformemente alla divisione tra funzioni scolastiche e assistenza scolastica, sono individuate dal dirigente scolastico che, rispettivamente, invia all’ufficio scolastico regionale la richiesta complessiva dei posti di sostegno (art. 10, co. 1 d.lgs. 66/2017).

Tuttavia, secondo il Consiglio di Stato il GLO, quale organo collegiale a composizione mista cui è demandato l’esercizio della discrezionalità tecnica sull’individuazione delle misure di inclusione scolastica e veicola le proposte finali di determinazione del numero di ore di sostegno e di risorse professionali da destinare all’assistenza, all’autonomia e alla comunicazione, non effettuerebbe assegnazioni definitive:  i passaggi successivi vedrebbero infatti il coinvolgimento del dirigente scolastico quale organo propulsivo nell’individuazione e assegnazione delle misure di sostegno: invero, anche per il sostegno didattico in senso stretto, la disciplina primaria non vincolerebbe in modo pedissequo il dirigente scolastico, il quale godrebbe comunque di taluni margini di apprezzamento ben individuati dall’art. 10, co. 1 d.lgs. 66/2017 giacché “sulla base del P.E.I. di ciascun alunno, raccolte le osservazioni e i pareri del GLI, sentito il GIT, tenendo conto delle risorse didattiche, strumentali, strutturali presenti nella scuola, nonché della presenza di altre misure di sostegno, al fine di realizzare un ambiente di apprendimento favorevole allo sviluppo dell’autonomia delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti con accertata condizione di disabilità in età evolutiva ai fini dell’inclusione scolastica, invia all’ufficio scolastico regionale la richiesta complessiva dei posti di sostegno”.

Il Consiglio di Stato dubita che “il provvedimento del dirigente scolastico sia un atto del tutto vincolato alle risultanze della documentazione dei competenti organi sanitari e scolastici (P.E.I., P.E.D., verbale del G.L.I.S.) e dunque un atto dovuto. Non può escludersi un margine di apprezzamento da parte del dirigente, per ragioni obbiettive che non possono consistere, tuttavia, nella indisponibilità di insegnanti di sostegno e di risorse economiche. Ragioni obiettive che possono consistere nella manifesta irragionevolezza, erroneità, contraddittorietà della suddetta documentazione, o nella possibilità che a fronte di due o più alunni disabili nella stessa classe, sia concretamente sufficiente un unico insegnante di sostegno per tutti” (Cons. giust. amm. Sicilia, 21 novembre 2018, n. 788).

Secondo il Consiglio di Stato queste considerazioni varrebbero a maggior ragione per quanto attiene all’individuazione e assegnazione delle misure di assistenza scolastica volte a promuovere l’autonomia e la comunicazione dell’allievo disabile.

Il tenore testuale della normativa comporterebbe che l’Amministrazione comunale, destinataria della richiesta di assegnazione provvederebbe “ad assicurare, nei limiti delle risorse disponibili gli interventi necessari per garantire l’assistenza di loro competenza, inclusa l’assegnazione del personale, come previsto dall’articolo 13, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché dall’articolo 139, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, secondo le modalità attuative e gli standard qualitativi previsti nell’accordo di cui al comma 5-bis” (v. art. 3, co. 5 d.lgs. 66/2017).

Il PEI non avrebbe quindi carattere vincolante in punto di determinazione delle misure di assistenza scolastica, in quanto si limiterebbe a formulare proposte e non determinazioni conclusive, con la conseguenza che, in capo all’Amministrazione comunale residuerebbe un irriducibile margine di apprezzamento discrezionale da esercitarsi con prudente equilibrio: le concrete modalità di conformazione della prestazione risentirebbero, da un lato, del limite complessivo delle risorse disponibili (limite operante rispetto all’insieme complessivo delle misure richieste) e, dall’altro, delle specifiche modalità attuative nonché degli standard qualitativi previsti dall’Accordo in sede di Conferenza unificata.

Nella decisione il Consiglio di Stato richiama inoltre il concetto di “accomodamento ragionevole” introdotto dalla Convenzione ONU sulle persone con disabilità, vale a dire le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongono un onere sproporzionato o eccessivo adottati per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali (art. 3 Conv.), onerando gli Stati del riconoscimento del diritto all’istruzione delle persone con disabilità e impegnandoli a garantire un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli ed un apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita che realizzi tale diritto senza discriminazioni e su base di pari opportunità.

Tuttavia, secondo il Consiglio di Stato il prudente contemperamento del diritto fondamentale del disabile alle necessarie misure di inclusione scolastica con i vincoli di finanza pubblica sarebbe proprio concretizzazione di tale concetto di “accodamento ragionevole”, non potendo mai esigersi in capo all’autorità pubblica che le misure solidaristiche comportino oneri insopportabilmente sproporzionati o eccessivi, tali da mettere a rischio la copertura finanziaria di queste politiche nel medio-lungo periodo.

L’Amministrazione comunale, quindi, una volta interessata dal dirigente scolastico circa le proposte di misure per l’assistenza scolastica cristallizzate nel PEI, deve provvedere, nel limite delle risorse disponibili, all’attribuzione delle risorse complessive secondo le modalità attuative e gli standard qualitativi previsti nell’accordo di cui all’articolo 3, comma 5-bis senza che possa affermarsi la natura irrimediabilmente vincolante del PEI (che veicola solo “la proposta delle risorse professionali da destinare all’assistenza, all’autonomia e alla comunicazione”).  Il Comune avrebbe quindi un autonomo potere discrezionale di concreta assegnazione delle risorse onde provvedere sulle richieste articolate nel P.E.I.

Non si condividono le motivazioni di questa decisione, che di fatto considera come diritto non costituzionale quello all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione, condizionandolo alla disponibilità delle risorse finanziarie, e comportando di fatto che tali diritti potrebbero non essere garantiti, con la conseguenza che gli alunni con disabilità non potrebbero pretendere dagli Enti Locali prestazioni che tali enti ritengano di non poter sufficientemente finanziare.

Marina Verzoni, avvocato in Milano, legale@associazioneincerchio.com