Il numero dei contagi è in calo e stiamo assistendo ad un allentamento delle norme restrittive dovute alla pandemia. La speranza che la scuola possa finalmente riprendere con continuità le attività in presenza è sempre più viva.
È passato meno di un mese da quando il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato una Nota con oggetto “attività didattica in presenza – misure per alunni con disabilità e bisogni educativi speciali nelle classi in DAD/DDI”. In tale nota viene ribadito quanto già disposto in precedenza e cioè che le istituzioni scolastiche sono tenute “a prevedere specifiche condizioni a vantaggio degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali (BES)” garantendo loro la possibilità di svolgere l’attività didattica in presenza, “anche qualora siano state disposte severe misure restrittive finalizzate al contenimento della diffusione del virus”.
Viene poi specificata “l’esigenza irrinunciabile di mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica” e l’importanza di assicurare “il collegamento telematico con gli alunni della classe che si avvalgono della didattica digitale integrata”.
Questa nota permette di sviluppare alcune osservazioni.
Prima osservazione.
Colpisce il riconoscimento dell’esigenza, definita “irrinunciabile”, di mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica. Anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sembra tenerne conto alla voce “Missione 4: istruzione e ricerca” quando tra gli obiettivi inerenti il “potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione” annovera il seguente: riformare i processi di reclutamento e di formazione degli insegnanti. Si tratta di due punti cruciali nel percorso verso la realizzazione di una scuola inclusiva e che non anneghi le speranze di nessuno, come denunciato da Mastrocola e Ricolfi ne “Il danno scolastico”.
Seconda osservazione.
Per quanto riguarda nello specifico la DAD o DDI, sarebbe superficiale sviluppare riflessioni che portino a schieramenti dicotomici, tipo “apocalittici” ed “integrati”, prendendo in prestito le due espressioni del celebre saggio di Umberto Eco. Si è trattato senza dubbio di una didattica d’emergenza, a cui la scuola italiana non era preparata. Tale modalità didattica ha prodotto nuove disuguaglianze ed ha fortemente compromesso gli apprendimenti e la socializzazione, ma ha anche aperto nuovi scenari e consentito la messa in campo di nuove risorse e l’acquisizione di nuove competenze, sia da parte dei docenti che da parte degli alunni.
Alla luce di queste considerazioni, si ritiene che offrire agli alunni con disabilità e bisogni educativi speciali l’opportunità di svolgere la didattica in presenza rappresenti un’opportunità importante, poiché questi alunni potrebbero essere maggiormente penalizzati dalla didattica a distanza. Tuttavia, come da altre parti rilevato, colpisce che sia contemplata la presenza solo di alunni/e con disabilità e BES, che potrebbe essere in netto contrasto con il principio dell’inclusione, soprattutto se il collegamento telematico si concretizza in un saluto alla classe per poi procedere con
una gestione separata dell’attività didattica. Si impone, dunque, nuovamente una riflessione sul termine talvolta “abusato” di inclusione.
L’inclusione parte dal saluto e dal reciproco riconoscimento, ma, perché si realizzi, non basta dire “ciao”.
Dott.ssa Federica Marci
Pedagogista